Notizie storiche

Testo tratto da: “Blera ed il suo territorio” – Guida turistica a cura di Luciano Santella

Blera sorge sopra uno sperone di tufo alla confluenza del Rio Canale nel Torrente Biedano. La felice posizione del luogo, difeso naturalmente dalle profonde gole di erosione che lo circondano, è stata probabilmente la causa principale dell’insediamento urbano fin dall’antichità. Dallo studio dei ritrovamenti archeologici si può collocare l’origine della città tra l’VIII e il VII sec. a. C., in seguito alla fusione in un unico centro di alcuni villaggi dell’Età del Ferro.

La denominazione più antica è “Blera”: tale forma è riportata dalle epigrafi latine e da tutti i documenti anteriori al X secolo d. C. (Strabone, Plinio, Tolomeo, …). In seguito si trova scritto “Bleda” poi, più recentemente, “Bieda”, ambedue corruzioni del nome più antico. La dizione “Bieda”, anche oggi molto diffusa nella lingua parlata, è durata fino al 1952, anno in cui il paese ha assunto nuovamente il nome antico. L’etimologia del nome “Blera” ha appassionato studiosi di ogni epoca: alcuni hanno creduto che derivasse dalla lingua greca (Filera-luogo fortificato) o dalla fenicia (Bel er = custode), altri dalla lingua ebraica (Beerà = pozzo) o dal verbo latino “fluere” e altri ancora dalla lingua etrusca (Phlera).
Il periodo più importante della storia di Blera è stato certamente quello etrusco: essa è stata una delle più importanti città dell’Etruria meridionale, sotto l’influenza artistica e culturale di Tarquinia e Cerveteri. Il grande sviluppo economico, raggiunto tra il VII e il V sec. a.C., è testimoniato principalmente dalle vaste necropoli che, a guisa di anello, circondano la città: II Casaletto, Pontone Graziole, II Terrone, II Martarello, La Casetta, Petrolo, Pian del Vescovo, Santa Barbara, ecc..
Le necropoli più antiche sono situate sui pianori e sono costituite da tombe a pozzetto, a fossa, tombe con volta ad ogiva spezzata e tumuli con camere ipogee.
Le necropoli rupestri, invece, si articolano su file parallele, lungo le rupi delle vallate del Biedano e del Rio Canale.
Una fitta rete di opere idrauliche (cunicoli, pozzi, cisterne), avanzi di antiche mura, valli di fortificazione e strade, testimoniano l’intensità della vita nella città. Un complicato intreccio di strade e antichi sentieri, spesso profondamente incassati nel banco di tufo per l’usura millenaria, collega Blera ai centri limitrofi. Della Via Clodia, strada consolare (III sec. a. C.), la più importante della zona, è possibile ancora ripercorrere quasi tutto il tracciato. Il grande sviluppo della viabilità avvenne in epoca repubblicana e imperiale; in questi stessi periodi ci fu il popolamento delle campagne, attestato oggi dai resti di numerose ville rustiche sparse in tutto il territorio (Terrone, Conserva, Crocevive, Barbone, Formello, Vignale, Casentile, Selvasecca, Fontana Murata ecc.).
Associati alle ville sono ancora visibili alcuni mausolei, tombe monumentali romane a pianta circolare, in opera cementizia (Terrone, Formello). Lungo le strade antiche, scavate nelle pareti di tufo, sono visibili numerosissimi arcosoli e, in mezzo alle necropoli etrusche, sono inseriti i colombari, cimiteri romani per cremati, tre dei quali assumono dimensioni monumentali, con migliaia di loculi. clodia ponte del diavolo biedanoRocchi di colonne, murature, ceramica e ogni altro tipo di reperti ascrivibili all’epoca romana, sono visibili ovunque, sia nell’area della città vecchia (loc. Petrolo) che in quella dell’attuale centro urbano. Fedele Alberti, nella sua “Storia di Bieda”, riferisce che molte statue ed altri oggetti di interesse archeologico furono trasferiti nei musei romani, nel corso del XVIII secolo.
Prima e dopo l’abitato, la Via Clodia supera rispettivamente il Biedano e il Rio Canale per mezzo del Ponte del Diavolo, a tre fornici (I sec. a. C.), e del Ponte della Rocca, ad un solo arco (II sec. a. C.). In età imperiale Blera fu municipio ed ebbe cittadini illustri che rivestirono importanti cariche civili e militari in Roma; i trionfi di alcuni di questi cittadini erano documentati da lapidi marmoree che sono andate perdute.

La caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le invasioni barbariche portarono all’abbandono dei numerosi insediamenti rustici e alla modifica delle strutture urbane: probabilmente in questo periodo furono ristrutturate e utilizzate molte tombe etrusche, esposte a Sud, a scopo abitativo (case rupestri). Caratteristiche dell’Alto Medioevo, in questo territorio, sono le tombe cristiane a fossa (terragne) o in sarcofago che assumono forme più o meno antropoidi e presentano l’alloggiamento per la testa (logette).
Blera fu la prima diocesi della Tuscia Romana ed ebbe 16 vescovi dall’anno 457 all’anno 1093; il De Rossi tende a spostare l’origine della diocesi di Blera al IV secolo. Secondo la tradizione, il primo vescovo fu S. Vivenzio, sotto il pontificato di S. Leone Magno: egli è ancora oggi patrono della comunità blerana e la sua figura è oggetto di particolare venerazione.
Visse a Blera, nel V secolo, San Sensia a cui un tempo era dedicata la Chiesa di San Nicola di Bari, oggi trasformata in sala cinematografica.
Nel 1093 la diocesi di Blera venne unificata a quella di Tuscania e, nel 1192, il vescovo di Viterbo assunse anche il titolo di Blera e Tuscania. In epoca altomedioevale, la Via Cassia era invasa dalla macchia e la Via Aurelia era malsana a causa delle paludi litornaee: gran parte del traffico dal Nord a Roma fu assorbito dalla Via Clodia e Blera diventò imporrante per la sua funzione di controllo su questa strada. La sua importanza crebbe ancora, come città di confine, al tempo della conquista della Toscana da parte dei Longobardi: per questa sua posizione dovette subire distruzioni e saccheggi. Nel 607, al momento del riassetto dei confini, essa apparteneva al Ducato Romano Bizantino. Nel 738 fu conquistata da Liutprando e, quattro anni dopo, nel 742, fu dal medesimo donata a Papa Zaccaria e costituì, con Sutri, il nucleo del Patrimonio di San Pietro nella Tuscia. Nel 772 fu assediata e distrutta da Desiderio, ultimo re Longobardo e, due anni dopo, fu restituita alla Chiesa da Carlo Magno*. Fu patria di due papi: Sabiniano I (604-606) e Pasquale II (1099-1118); Fedele Alberti sostiene, con scarse prove, la cittadinanza blerana anche per San Leone Magno.
Dal XIII al XV secolo fu tra i beni feudali dei Di Vico, prefetti di Roma. Nel 1247, Federico II, per rappresaglia contro gli stessi Di Vico, fece distruggere Blera da Alessandro Calvelli.
Nel 1262, avendo gli Orsini distrutta la città di Luni, Pietro Di Vico ospitò i profughi lunesi in Blera; in quello stesso anno egli morì e lasciò Blera alla Chiesa. Gli eredi di Pietro, per riavere la città ebbero molte questioni con la Santa Sede. Estintasi la famiglia Di Vico, Blera fu occupata, fin dal 1465, dalla famiglia degli Anguillara. Solo nel 1516 il papa Leone X cedette ufficialmente Blera a Lorenzo degli Anguillara di Ceri in compenso per i servigi prestati alla Chiesa. Lelio degli Anguillara di Ceri, nel 1550 diede a Blera uno statuto. Il pontefice Paolo II, dopo gli Anguillara, investì del feudo di Blera la famiglia Cesi la quale si estinse, per mancanza di successione, nel 1572, anno in cui Blera ritornò alla Camera Apostolica, sotto il pontificato di Gregorio XIII.
Dalla fine del XVI secolo e per quasi tutto il XVIII, Blera attraversò un periodo particolarmente oscuro che potrebbe essere illuminato dai documenti contenuti nell’archivio storico, attualmente inconsultabili perché privi di ordine. L’interesse per essa si è risvegliato solo nei secoli XVIII e XIX, con gli scritti del Dempster, dell’Alberti e del Dennis, nel quadro di una visione romantica dell’Etruria e delle sue pittoresche necropoli.
Numerosi scavi archeologici e studi topografici, su Blera e il suo territorio, sono stati compiuti, alla fine del XIX e nel corso del XX secolo, dalla Soprintendenza Archeologica, da Istituti Archeologici stranieri e da singoli studiosi.


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